Esplorando il mio nuovo romanzo di fantascienza - parte 3
In attesa di scoprire i dettagli della mia prossima e imminente pubblicazione, e parlo di titolo, copertina, personaggi e booktrailer, continua il viaggio alla scoperta dei film che hanno sicuramente suggestionato la trama del libro. E prima delle mie riflessioni personali ve ne presento, questa volta, ben tre, in ordine di uscita temporale:
Matrix (1999)
Quando si pensa al cinema e alla tecnologia fuori controllo, si pensa inevitabilmente a Matrix. Nel franchise delle sorelle Wachowski, Keanu Reeves interpreta un hacker che si propone di liberare l'umanità combattendo contro un'intelligenza artificiale che governa macchine. Codice, pelle e kung fu: questa è la ricetta senza tempo del primo Matrix, che ha lasciato un segno indelebile quando è uscito nel 1999. Vi piaccia o meno ciò che la saga è diventata, il film rimane una delle più emozionanti interpretazioni delle possibilità del virtuale e dell'infinito potere che un'intelligenza artificiale può esercitare quando ha intenzioni malvagie.
A.I. - Intelligenza artificiale (2001)
Già negli anni '70, Stanley Kubrick aveva
lavorato a un adattamento del racconto di Brian Aldiss Supertoys
che durano tutta l'estate. Fu Steven Spielberg, pochi mesi dopo la morte del regista nel
1999, a riprendere il progetto con il permesso di Christine Kubrick.
Io, Robot (2004)
È inquietante pensare che Io, Robot, uscito nel 2004, sia ambientato nel "lontano futuro" del 2035, che oggi dista solo 10 anni. In questo film d'azione fantascientifico, diretto da Alex Proyas, gli esseri umani vivono accanto a un esercito di robot costruiti per servire e proteggere l'umanità. Tuttavia, quando un robot, Sonny, si ribella, scoppia una guerra tra robot e umani. Rivedendolo ora, il film, ricco di effetti digitali, appare molto datato, anche se, come la maggior parte dei film di fantascienza, ciò ne aumenta il fascino.
Riflessioni personali
Uscito dal cinema dopo aver visto Matrix, entusiasmato dall'originalità della trama, ricordo di essere rimasto particolarmente colpito dalla capacità dei personaggi di entrare nel web e poter fare cose straordinarie, plasmando un se stesso alternativo secondo i propri desideri, come se l'anima potesse trasferirsi in altre realtà, indipendentemente da dove si trova il corpo. Un altro aspetto non trascurabile è il modus operandi dell'intelligenza artificiale, soddisfare i bisogni fisici e mentali degli esseri umani per assicurarsi il proprio rifornimento energetico. Pura e semplice sopravvivenza, una peculiarità che tornerebbe utile all'umanità nel caso di un'emergenza straordinaria, ma pur sempre rischiosa se priva di controllo. Le macchine non hanno un'anima, una coscienza, dei sentimenti e per quanto prodigiose o migliori di un essere umano sconsiderato, non capiranno mai la differenza tra colpevole e degno di ricevere un'altra possibilità.
Andai al cinema a vedere anche A.I. Intelligenza Artificiale, soprattutto perché sono un grande fan di Steven Spielberg ma ne rimasi profondamente sconvolto. Ovviamente il progetto era principalmente di Kubrick, un regista visionario e inquietante, aggiungerei, ma a quei tempi non sapevo ancora dare un nome alla mia esagerata sensibilità ed entrando in empatia con il giovane protagonista, David, ne rimasi profondamente disorientato e turbato. Sarebbe stato sconvolgente se quanto capitato a David fosse successo a un bambino vero. Ma probabilmente le reazioni sarebbero state diverse, meno drammatiche ed esasperate. Ciò che vorrei sottolineare è che per me le storie dei film non sono mai state solo fine a se stesse e mi fanno male al cuore per diverso tempo prima di essere metabolizzate. Ciò che è progresso per alcuni, potrebbe essere dannoso per altri e certe scelte andrebbero valutate più accuratamente.
Per quanto riguarda Io, Robot l'idea romantica di una macchina con una coscienza, che addirittura prova il senso dell'abbandono, mi ha indotto a pensare che l'essere umano ha fortemente bisogno di sentirsi amato e apprezzato dalle proprie creazioni. Oppure è come se avesse infuso nel frutto della propria creatività e genio una parte vitale di se stesso e non potesse, in questi termini, fare a meno di considerarla vivente. La prima conseguenza di questo suo errore di valutazione è la convinzione che la sua creazione possa sì, imparare ma non come farebbe una persona con dei sentimenti autentici.
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